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Il viaggio
La pubblicità di una notissima marca di motociclette recitava
più o meno così: vivere per viaggiare, viaggiare per vivere. In
realtà questa è una traduzione molto libera, perché la frase esatta
era: vivere per cavalcare, cavalcare per vivere. Ma cavalcare
equivaleva a viaggiare in tutti i sensi e con la moto era molto
appropriato.
On the road
La frase “On the road” acquistò un significato universale
quando ebbe un enorme successo di diffusione il capolavoro di
Jack Keruac. Il viaggio come filosofia di vita.
In seguito la frase è diventata un genere, ma più che un genere letterario, è
un genere di film. "Easy rider", ad esempio, fu per anni il mito di una
generazione, così come il libro di Keruac lo era stato per la beat generation.
Ma On the road è anche "Rain man", l’indimenticabile film con Dustin Hoffman nella
parte dell’autistico, che nel film era il fratello riscoperto di
Tom Cruise, con la partecipazione di Valeria Golino.
In effetti in Italia erano stati realizzati alcuni film On the road
quando ancora l’espressione non esisteva. Insomma, a nessuno
passò per la mente di definire On the road dei film come “La
strada”, di Federico Fellini, o “Il sorpasso”, con la regia di Dino Risi
e l’interpretazione magistrale di Trintignant e di Gassman. Eppure,
a ben pensarci, erano film assolutamente coerenti con la tipologia,
il formato (si direbbe oggi, forse) dell’On the road.
Che cos'è il viaggio
Ricordo che in televisione, una volta, ho assistito ad
un’intervista fatta a un motociclista. E in particolare mi è rimasta
impressa questa frase: «Il viaggio è quando si va. Quando poi si
arriva, il viaggio è finito».
Non voglio criticare il turista assetato di monumenti, piazze,
musei e altre curiosità. Per carità. Anch’io l’ho fatto, e in parte
forse lo farò. Ma il viaggio è il viaggio, cioè lo spostarsi,
fisicamente, con la moto, con la macchina, con il treno, con l’aereo,
con la nave, con la bicicletta!
E poi fermarsi, per riposare, per mangiare, per ristorarsi, per
dormire. E poi ripartire, guardare, godere il paesaggio. fare e rifare
gli stessi percorsi, per constatare i cambiamenti, nel tempo, o
anche solo nelle stagioni.
Mezzi di trasporto
A proposito di biciclette: in Norvegia mi capitò di vedere un
signore, sicuramente di una certa età, con i capelli brizzolati, il
quale percorreva la Scandinavia in bicicletta. Arrivava nei
camping, ma non prendeva neanche il bungalow. Macché! Ai lati
della ruota posteriore della bicicletta aveva due borse. Da una
estrasse una piccola tenda a scatto, che in un lampo si montò. Ed
ecco che il cicloturista aveva pronta la sua piccola casa per passare
la notte.
Follie e non
Personalmente ho scientificamente perfezionato ad ogni viaggio
la tecnica della macchina camperizzata. Certo, ci vuole
almeno una station wagon, anche se piccola, anche se di media
cilindrata. Poi basta qualcosa di morbido su cui sdraiarsi, e
qualcosa (se per esempio si va la nord o si viaggia d’inverno) con
cui coprirsi. Però l’auto, specialmente se si è in due, al suo interno
tende ad aumentare la temperatura, perché, come diceva il mio
professore di fisica, noi siamo delle stufe a trenta sette gradi.
Emaniamo, cioè, del calore. e questo calore rimane racchiuso
dentro l’automobile. e poi, sapete, a tutto si fa l’abitudine. Ad
esempio abbiamo dormito con due gradi sotto zero, verificati con
tanto di termometro. Siccome varcando la frontiera tra Italia e
Svizzera, è sempre difficile, dovunque, trovare acqua
oligominerale (l’acqua in quei paesi è minerale, quindi
ricca di minerali, ci portiamo sempre dietro grosse quantità di
acqua a basso contenuto di minerali. Quindi l’auto è ingombrata di
bottigliette di plastica. Ebbene, l’acqua si era in parte
congelata.
Viaggia e vivere
Ecco, questo è viaggiare on the road, vivere on the road.
Naturalmente ciò è possibile quando gli impegni di lavoro lo
permettono.
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